È dall’inizio della mia avventura professionale che mi piace accompagnare le mie short bio sparse sui vari account social con il motto “I’m not a graphic designer. I do not make chairs”.
Credo che spiegare da dove provenga l’idea di adottarlo possa costituire una buona introduzione per il primo vero e proprio post di questo blog, in cui vorrei affrontare in modo non accademico, ma quanto più focalizzato e supportato da contributi professionali alcuni aspetti sia empirici che metodologici della mia professione.
La mia principale attività è quella di User Experience Designer. In Italia non esiste un’offerta formativa pienamente orientata all’insegnamento di questa professione, di cui è possibile costruire un proprio know-how solo se gli studenti imparano a “connettere i punti” delle nozioni provenienti da insegnamenti vari quali – vado a braccio – Interazione Uomo-Macchina dell’Università di Udine, un Master presso la Domus Academy o sparuti corsi di Interaction Design presso la Scuola del Design del Politecnico di Milano – presso cui io stesso mi sono laureato, attualmente collaboro e in cui cerco quando possibile di portare il mio contributo nei moduli didattici che mi vengono affidati. Dopo l’esperienza dell’Interaction Design Institute di Ivrea, insomma, nessun ateneo ha formulato una vera e propria proposta formativa integrata e adeguatamente strutturata: per intenderci, mi aspetterei idealmente un’intero orientamento della Scuola del Design del Politecnico di Milano dedicato a questa disciplina, da affiancare ai già esistenti Comunicazione, Prodotto, etc.
Questa carenza istituzionale, unita alla ormai cronica assenza di un Albo dei Designer, è corresponsabile, insieme alla relativa “novità” della disciplina, della scarsa conoscenza della nostra professione a livello di massa. Il mercato però viaggia più veloce dell’Accademia, e, complice il progressivo diffondersi di opportunità progettuali facilitato dalla penetrazione e democratizzazione dei device mobili e dal conseguente fiorire di app, è più in cerca di questi ruoli di quanto si possa credere. È quindi un peccato che molti progettisti neo-laureati non colgano questa opportunità: io stesso, avendo necessità di trovare dei collaboratori, ho avuto molta difficoltà a reperire risorse junior adeguate al compito, riscontrando ancora quell’obsoleta dicotomia del “sono un grafico, faccio roba editoriale” o “sono uno smanettone, programmo il codice”.
Per carità, niente che un po’ di gavetta empirica su progetti veri e propri non possa colmare: nel corso della mia professione ho visto persone provenienti dai corsi più disparati e insospettabili – es. Scienze della Comunicazione – fare un ottimo lavoro. Anzi, azzarderei – ma neanche troppo – a dire che proprio una formazione umanistica agevoli un approccio progettuale user centered più di una formazione tecnica.
Per tornare al mio motto: è nato con l’intento di essere un po’ polemico verso tutte le N volte che, dicendo di essere un designer, mi son sentito dare del grafico o mi si è chiesto un parere su una sedia (no, davvero, secondo voi il mondo ha davvero bisogno di così tante sedie?), e al tempo stesso gioca con una interessante definizione delle nuove figure creative che ho letto sul volume di Stefano Micelli “Design e creatività nel Made in Italy”:
“[…] il design è spesso identificato in negativo, come differenza rispetto ad altri ambiti disciplinari più che in modo diretto ed esplicito. Proprio l’ambiguità che caratterizza le attività e le conoscenze che lo compongono sembra quasi suggerire un approccio che sottolinea le distanze rispetto ad altre professioni più che mettere in risalto la sua specificità”.
Ecco, con questo blog mi piacerebbe dare un contributo divulgativo e anche solo speculativo alla conoscenza della disciplina dell’User Experience Design in Italia, parlandone, dicendo in positivo che cos’è, ma senza necessariamente andare troppo in profondità – per quello ci sono fonti anglofone più autorevoli ed esaustive della mia – per rendere consapevoli i miei 25 lettori di una figura professionale che sta acquisendo sempre maggiore importanza e centralità in tutti i processi di sviluppo di artefatti digitali complessi.
Post preview picture by Laura Nolan – LNPhotography (CC BY 2.0)